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che siano marchi registrati senza che ciò implichi alcuna valutazione del loro reale
stato giuridico. Nei casi obiettivamente noti ai compilatori, comunque, il lemma è
seguito dal simbolo ® o la voce reca la menzione “Nome commerciale” nella sezione
semantica o nell’etimologia.
11. Proverbi. Sono stati registrati in questa sezione parecchi proverbi che
rappresentano usi particolari delle singole parole. La sezione è contraddistinta
dall’abbreviazione PROV. in maiuscoletto e i singoli proverbi sono in carattere tondo.
12. Etimologia. Racchiuse fra parentesi quadre, le etimologie distinguono,
innanzitutto, nel grande filone della derivazione del lessico italiano, che trova la sua
inesauribile matrice nel latino, le parole che rappresentano una ininterrotta
continuazione di una voce di Roma antica, sia o no attestata nella letteratura e in altri
documenti, da quelle che i dotti, spinti dalla necessità di definire nuovi concetti o
nuove scoperte o dall’impulso di arricchire di risonanze il proprio stile, hanno coniato,
ricorrendo al vocabolario classico. Avremo così i seguenti casi:
la`tte ... [lat.
la˘cte(m)
, di etim. incerta]: la parola italiana continua la corrispondente
parola latina, trasmessa, dunque, per via popolare;
emp
I
`re [lat. parl.
*impl
I
¯re
per
imple¯re
‘empiere’]: il caso è analogo al precedente;
soltanto che in nessun documento appare la forma
impl
I
¯re
(perciò è preceduta da
una stella che nella sezione etimologica indica una voce non attestata, ma
supposta), la quale deve pur essere, per una rigorosa norma di concordanza,
esistita nel latino parlato;
len
I
`re [vc. dotta, lat.
len
I
¯re
, da
le¯nis
‘lene’];
lenire
, dunque, non è una parola italiana
popolare, ma è stata ripresa da persone colte, che ne sentivano il bisogno per
aumentare il loro patrimonio lessicale ed esprimere con maggior chiarezza il loro
pensiero;
descritt
I
`vo [vc. dotta, lat. tardo
descript
I
¯vu(m)
, da
descr
I
¯ptus
‘descritto’]: l’aggettivo
‘tardo’ dà una determinazione temporale al tipo di latino al quale hanno attinto i
dotti, i quali non si sono limitati al cosiddetto latino classico dell’età aurea, ma sono
ricorsi anche ad autori (specialmente quando si è trattato di dare nuove forme ai
nuovi aspetti della vita introdotti dalla rivoluzione cristiana) di età tarda.
Si notino due particolari: il costante impiego, nelle parole latine, del segno di
lunghezza ( ¯ ) o di brevità ( ˘ ) di una vocale, e la loro presentazione, quando si tratti
di sostantivi o aggettivi, sotto la forma dell’accusativo con la
-m
finale posta fra
parentesi. Spieghiamo i due fatti, anzi, i due accorgimenti grafici per rendere più
chiaro il processo di evoluzione dal latino all’italiano.
Il segno di breve o lunga sostituisce il segno di accento tonico; è questa una
scelta di grande utilità, perché non solo dà un’indicazione della sillaba sulla quale
posa la voce, ma offre un elemento prezioso a chi voglia rendersi conto dello
svolgimento storico della voce latina, condizionato in gran parte, come è noto, dalla
cosiddetta ‘quantità’ della sillaba accentata. Così, se sappiamo che a una
u
breve
latina (
u˘
) corrisponde una
o
chiusa italiana (
ó
), ci possiamo anche rendere più
preciso conto dei doppioni del tipo
augusto
e
agosto
: la prima delle due voci con la
sua
u
conservata dimostra di non avere subìto l’evoluzione popolare (come ci
dichiara, del resto, la precisazione ‘voce dotta’), la seconda, invece, manifesta con la
sua
ó
una più genuina trasformazione. Nei casi dubbi si è convenzionalmente
ripiegato sul segno della breve.
Anche il ricorso all’indicazione dell’accusativo, anziché del nominativo, è stato
dettato da criteri di opportunità didattica: è un fatto accertato che la stragrande
maggioranza delle parole italiane, che continuano, direttamente o anche
indirettamente (parole dotte), parole latine, non derivano dalla forma data come
lemma nel vocabolario, ma dai casi obliqui, per alcuni l’ablativo, per altri, con
maggiore verosimiglianza, dall’accusativo, la cui consonante finale è stata trascurata
nella pronuncia corrente in tutto il corso storico della lingua. Scrivere che
bilancia
rappresenta il lat.
b
I
˘lanx
espone il lettore al dubbio per il diverso accento, dubbio che
sarà dissipato, quando si preciserà che
bilancia
continua il latino parlato
bila˘ncia(m)
,
da
b
I
˘lanx
, composto da
bi-
‘con due’ e
la˘nx
‘piatto’.
Nei casi piuttosto rari di continuazione del nominativo (o di altro caso) non si è
mancato di farlo notare: per es. Te`ti... [vc. dotta, lat.
The˘tide(m)
, nom.
The˘ tis
, dal gr.
Thétis
, n. della dea del mare nella mitologia greca].
Ci siamo soffermati maggiormente sul latino, perché, ripetiamo, rimane sempre la
fonte più antica e cospicua del lessico italiano, e offre, in fondo, il minor numero di
problemi etimologici. Talvolta però nel risalire all’ultima ragione conosciuta nel
complesso svolgimento storico-linguistico, si giunge fino alla radice indoeuropea, che
andrà intesa, naturalmente, non più come un mitico nucleo originario, miracoloso
depositario di ogni successivo sviluppo semantico, ma come la più lontana
testimonianza non documentata, anche se attendibile, che si manifesta in area di
diffusione storicamente accertata.